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L’EDITORIALE

 

LA FABBRICA DELLA BELLEZZA

Sembra che la parola d’ordine dei nostri tempi sia “riconversione”. Un processo costante e continuo che, nella rapidità del progresso moderno, dovrebbe realizzarsi all’infinito in ambito produttivo ed economico per consentire di restare al passo con i tempi.
Si tratta però di un approccio “vorace”, che potrebbe farci rischiare di pregiudicare quello che invece deriva dalla tradizione, dal saper fare, dalla cultura sedimentata nei decenni.
È con questo ragionamento che oggi, a nostro parere, occorre muoversi nell’ambito forse più creativo, ma come tale per nulla distaccato dalla realtà dell’utilizzazione quotidiana, della nostra produzione industriale: la produzione di filati, tessuti, abbigliamento e moda e i settori ad essa contigui, come il meccanotessile che assicura lo sviluppo tecnologico di prodotto e processo. La riconversione del tessile, in un distretto come quello biellese, oltre che difficile, potrebbe essere anche impossibile.
Come, infatti, si può pensare di riconvertire un settore produttivo che due volte all’anno rinnova completamente le proprie collezioni, creando sempre una novità straordinaria da proporre ai mercati? E come si può riconvertire un settore industriale che dagli anni ’70 non ha mai smesso di investire sui propri impianti e che già quarant’anni fa aveva realizzato processi produttivi che oggi il progetto “Industria 4.0” indica come avveniristici? Ma soprattutto, come si può rischiare di mandare in soffitta, perché desueta, quella che oggi più che mai va considerata come la ”fabbrica della bellezza”?
Una continua fucina di gusto, eleganza, qualità e stile, che sui mercati di mezzo mondo accresce la sua leadership, fino al punto di monopolizzare, con la sola produzione biellese, tutto il segmento di mercato di alta gamma.
Le alternative all’economia dominante sono sempre le benvenute, perché offrono nuovi punti di vista, anche culturali, e preziose integrazioni economiche. Ma senza seppellire in archivio ciò che ha fatto la nostra grandezza nel mondo e in cui siamo e restiamo imbattibili, che anzi dovremmo imparare a valorizzare di più, anche implementando quell’aspetto comunicativo che, al momento, sembra l’unico difetto a volte evidente di un comparto industriale che potrebbe essere perfetto.